Il teatro ragazzi è in viaggio: comincia il Puglia Showcase Kids 2019
Si balla fino a tardi al Napoli Teatro Festival, che quest’anno, in occasione del Puglia Showcase Kids 2019, grazie all’idea del Puglia Village, trasforma il Giardino Romantico di Palazzo Reale nel luogo in cui la città può vivere il teatro in maniera non convenzionale, attraverso l’incontro e lo scambio conviviale tra artisti, operatori e pubblico. Tanti gli spettatori napoletani, con una consistente partecipazione dei bambini, accompagnati sia dalle scuole che dalle famiglie e come di consueto in occasione del festival partenopeo, del pubblico proveniente da diversi paesi.
La presenza della vetrina pugliese al Napoli Teatro Festival, che per la prima volta apre una sezione dedicata al teatro ragazzi con il Puglia Showcase Kids 2019, un progetto della Regione Puglia, ideato e realizzato dal Teatro Pubblico Pugliese, ha dato dunque una visibilità anche a livello internazionale al teatro per le nuove generazioni, che da tempo aspetta un giusto riconoscimento; potrebbe trovare proprio in questa esperienza una più ampia diffusione, dimostrando che l’etichetta ha a che fare con il destinatario al quale si rivolge e non con l’idea che si tratti di un teatro “minore”. Ne hanno già dato prova, nella giornata di ieri, i due spettacoli in programma, che hanno affrontato in maniera poetica e delicata il tema del viaggio.
“Costellazioni. Pronti, partenza… spazio!”, uno spettacolo di Savino Italiano, Olga Mascolo, Anna Moscatelli e Giorgio Rossi, prodotto da Sosta Palmizi/I nuovi scalzi affida le uniche parole a Margherita Hack: «Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell’universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è abbastanza improbabile». È nella natura dell’uomo l’istinto all’esplorazione e i protagonisti di questa storia intendono vedere più da vicino quel mondo fatto di stelle e di pianeti che osservano, scintillante, quando sono con il naso all’insù. Un bizzarro macchinario li aiuterà nell’impresa. Con il linguaggio della danza i tre attori in scena raccontano la poesia del sistema solare e dei corpi celesti, soffermandosi sul silenzio nel quale essi sono immersi, mostrandoci spesso immagini lente, sospese, come se tutti insieme fluttuassimo nell’infinito e misterioso universo che ci fa sentire piccoli e grandi insieme. Quell’infinito che vorremmo dominare navigando nelle acque nere in cui le stelle non indicano alcuna direzione, ma brillano quiete. Ci scontriamo però con le leggi dello spazio e del tempo, con la distanza che si calcola in anni luce e allora ridimensioniamo le nostre pretese, tutte umane, di essere al centro di un sistema del quale rappresentiamo solo una parte infinitesimale. Siamo arrivati a mettere piede sulla luna, ma raggiungere qualsiasi altro pianeta, ospitale come la Terra, per adesso è un’impresa impossibile. E ancora ci sostengono le parole tranquille e lucide della Hack, fondamentali per non farci perdere, per riportarci alla nostra misura di uomini e ricordarci che ci resta la Terra, della quale dovremmo avere cura.
Lo strano macchinario esce di scena, si ritorna a casa, a guardare le stelle con il naso all’insù.
Quello di Flavio Albanese è ancora un viaggio, il viaggio. “Canto la storia dell’astuto Ulisse” è uno spettacolo in cui si definisce a poco a poco la figura del famoso re greco, a partire da una conversazione iniziale insieme al pubblico, con il quale si parla dell’aedo Omero, che forse non è mai esistito, suggerisce il narratore sotto gli occhi sgranati dei bambini. L’interprete e autore della Compagnia del Sole accenna alle incredibili vicende dell’Odissea, ma non solo, perché quello di cui canta Albanese è anche un viaggio metaforico. Si parla del tempo, del tempo degli uomini e del tempo degli dei, irraggiungibili e immutabili, come corpi celesti. La narrazione, sostenuta dalle meravigliose figure d’ombra di Emanuele Luzzati, realizzate da Teatro Gioco Vita, ci porta in un tempo lontano, ma sempre presente, il tempo delle storie. Ulisse, quando la dea Calipso gli chiese se volesse o meno l’immortalità, ci pensò a lungo, finché non si rese conto che la vera immortalità si raggiunge con la gloria. Senza storia non c’è gloria e se la vita non finisce mai ci si ritrova in un lungo tempo immutabile in cui non c’è storia.