(illustrazione di Brochendors Brothers)
Abbiamo chiesto a Marco Martinelli, regista, drammaturgo, pedagogo e fondatore del Teatro delle Albe, di riflettere sul lemma “guida” partendo dalla oltre ventennale esperienza della non-scuola, nata a Ravenna nel 1991. Martinelli ci ha donato un frammento del suo recente libro Aristofane a Scampia (Ponte alle grazie, 2016), che siamo felici di ospitare sulle pagine di Planetarium. L’estratto che segue si trova dalle pp. 68-70 e riporta un ideale discorso che la guida rivolge al gruppo di non-scuolini:
«”Siamo qui, io e voi. Abbiamo sei mesi davanti, in tutto solo quaranta-cinquanta ore, e vogliamo arrivare a fare uno spettacolo insieme, vogliamo divertirci ed emozionarci noi per primi, per provare poi a divertire ed emozionare coloro che arriveranno in teatro al nostro appuntamento. Da oggi io vi prenderò sul serio. Prendervi sul serio vorrà dire che io sarò attento a tutto quello che mi racconterete. Prendervi sul serio vorrà dire che non farò finta di ascoltarvi, come fanno tante volte gli adulti con voi, come fate tante volte anche voi con gli adulti: non farò finta, vi ascolterò veramente. Ce la metterò tutta. Perché una buona guida è prima di tutto uno che sa ascoltare. Se non sa ascoltare non può fare la guida. Io ascolterò tutto quello che mi direte e tutto quello che non mi direte, ascolterò le vostre timidezze, i vostri sguardi bassi, con attenzione e rispetto, senza forzarvi in nulla, sapendo aspettare il momento in cui avrete voglia di tirar fuori le vostre ombre e i vostri lampi. Prendervi sul serio vorrà dire che, mettendo in scena Euripide o Brecht, il mio compito sarà soprattutto quello di mettere in scena voi stessi: quella sarà la mia ‘gloria’. Che, se voglio fare bene la guida della non-scuola, allora non mi devo preoccupare di fare un ‘bello spettacolo’, qualcosa ‘di cui parli la gente’: voi sarete la bellezza che cerco, e nient’altro. Io vi guarderò come si guarda un quadro di Caravaggio, vi leggerò con la stessa attenzione con cui si legge una lirica di Dante. E se voi sarete ‘bellezza’, voglio dire, se sarete autentici in scena, se giocando porterete sul palco la vostra verità, allora lo spettacolo che faremo non potrà non essere un ‘bello spettacolo’. Forse ci arriveremo a quel risultato, ma proprio perché ‘il risultato’ in quanto tale non ci interessa. Prendervi sul serio vorrà dire farvi comprendere che ciascuno di voi è necessario, che ciascuno di voi è un mondo bello e prezioso, che giocheremo insieme per sperimentare non la felicità del farci fuori a vicenda, bensì quella dell’essere coro, accordati come trombe e violini, strumenti che suonano insieme. In questa musica che suoneremo insieme ogni vostro compagno sarà importante, anche quello che di solito in classe prendete in giro, qui lo tratterete come un re. È una democrazia di sovrani, questa! Dove non si disprezza chi non ce la fa, ma si esalta il suo strano, misterioso non saper fare, che visto in controluce diventa un saper fare in altro modo. È complicato? Non è complicato. Prendervi sul serio vorrà dire che prima di tutto cercherò di prendere sul serio me stesso: non sono qui per i soldi o per la fama, sono qui perché mi interessa quello che avverrà fra di noi, un rito di umanità, uno stare in cerchio a interrogare il mistero della vita, ad affrontare l’enigma delle parole con cui chiamiamo questa successione di giorni e di notti, l’alba, il tramonto, l’amore, la violenza, il disgusto, e tutte le altre infinite cose che stanno sotto la luna”.
No, nessuna guida inizia un laboratorio di non-scuola con un discorso come quello che avete appena letto: una guida inizia mettendo tutti in cerchio, e cominciando a cantare, a saltare, a improvvisare: quelle parole ve lo ho scritte io adesso, per farvi capire. Ma è come se questo discorso fosse veramente fatto all’inizio di ogni incontro; questo discorso esprime lo spirito con cui una guida è davvero una guida nella non-scuola: un adulto che guida un gruppo di adolescenti ed è capace di farsi a sua volta guidare dalla loro energia vitale. Non è una questione di età, l’adulto può essere un trentenne come un sessantenne, è questione di prenderli davvero sul serio, giocando e sudando insieme a loro».
Marco Martinelli
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